Buonasera a tutti.
Oggi, a distanza di due mesi, sono andata dalla mia psichiatra/psicoterapeuta (so che molti hanno uno psichiatra e uno psicoterapeuta), io invece, ho deciso di farmi seguire sia farmacologicamente che psicologicamente da lei; comunque: ci eravamo lasciate a metà dicembre; lei mi aveva prescritto il farmaco da prendere, arrivare alla dose prevista e aspettare, affinché non mi sentissi meglio e la depressione, causata dall'emetofobia, calasse. Ebbene, sono riuscita a riprendermi pian piano la mia vita in mano, riesco comunque a fare cose che prima mi lasciavano titubante: fare o non fare? Quindi, in questo lasso di tempo, ho atteso che il farmaco facesse effetto.
Arriviamo così ad oggi, durante la seduta: dopo un confronto iniziale, lei ha capito che mi sono ristabilita mentalmente, tuttavia, preferisce aumentarmi ancora leggermente la dose del farmaco e cominciare psicoterapia. Aumentare il farmaco perché il percorso di psicoterapia è faticoso, impiega tempo, energie, potrebbe essere estenuante, quindi è giusto rafforzarmi, per fare un buon lavoro e non trascinare la psicoterapia per anni e anni. Economia, di tempo, di denaro, fare un percorso solido, continuativo, frequente e uscirne. Oggi, le ho sottolineato più volte la frase: "voglio uscirne, sono motivata al 100%, sono stanca di trascinarmi questo disturbo, è ora di tagliare il cordone che ci lega e diventare risorsa per gli altri che stanno vivendo ciò che ho vissuto io". Lei ha apprezzato la mia motivazione e determinazione.
Ora arrivo al dunque, come riportato nel titolo, la mia psicoterapeuta, utilizzerà con me l'approccio cognitivo-comportamentale. Ora chiedo a voi: avete esperienze in merito? Chi ha svolto un percorso terapeutico, si è fondato su questo approccio o su altri? Se sì, potreste, cortesemente, raccontarmi le vostre esperienze e riscontri/efficacia? Ringrazio di cuore a tutti e auguro una buonanotte.
Oggi, a distanza di due mesi, sono andata dalla mia psichiatra/psicoterapeuta (so che molti hanno uno psichiatra e uno psicoterapeuta), io invece, ho deciso di farmi seguire sia farmacologicamente che psicologicamente da lei; comunque: ci eravamo lasciate a metà dicembre; lei mi aveva prescritto il farmaco da prendere, arrivare alla dose prevista e aspettare, affinché non mi sentissi meglio e la depressione, causata dall'emetofobia, calasse. Ebbene, sono riuscita a riprendermi pian piano la mia vita in mano, riesco comunque a fare cose che prima mi lasciavano titubante: fare o non fare? Quindi, in questo lasso di tempo, ho atteso che il farmaco facesse effetto.
Arriviamo così ad oggi, durante la seduta: dopo un confronto iniziale, lei ha capito che mi sono ristabilita mentalmente, tuttavia, preferisce aumentarmi ancora leggermente la dose del farmaco e cominciare psicoterapia. Aumentare il farmaco perché il percorso di psicoterapia è faticoso, impiega tempo, energie, potrebbe essere estenuante, quindi è giusto rafforzarmi, per fare un buon lavoro e non trascinare la psicoterapia per anni e anni. Economia, di tempo, di denaro, fare un percorso solido, continuativo, frequente e uscirne. Oggi, le ho sottolineato più volte la frase: "voglio uscirne, sono motivata al 100%, sono stanca di trascinarmi questo disturbo, è ora di tagliare il cordone che ci lega e diventare risorsa per gli altri che stanno vivendo ciò che ho vissuto io". Lei ha apprezzato la mia motivazione e determinazione.
Ora arrivo al dunque, come riportato nel titolo, la mia psicoterapeuta, utilizzerà con me l'approccio cognitivo-comportamentale. Ora chiedo a voi: avete esperienze in merito? Chi ha svolto un percorso terapeutico, si è fondato su questo approccio o su altri? Se sì, potreste, cortesemente, raccontarmi le vostre esperienze e riscontri/efficacia? Ringrazio di cuore a tutti e auguro una buonanotte.