Buonasera, sono in un periodo della mia vita particolarmente stressante e, navigando su internet, ho scoperto questo forum. Ho 25 anni e a marzo dovrei laurearmi alla magistrale. La mia emetofobia è emersa in maniera invalidante nel 2019. Dopo una difficile decisione ho scelto di andare a fare la magistrale a Trento (io sono umbra ), un posto molto lontano da casa. Ho conosciuto persone speciali, ma mi sono trovata male nella città si dall'inizio. Qui da me l'università non è degna di essere chiamata tale e, un po per me e un po per i miei genitori, ho deciso di andare fuori. I primi tre mesi sono stati molto stressanti a causa del carico di studio e della lontananza dal mio ragazzo, al quale sono molto legats, co cui sto insieme da 7 anni. Mi sono trovata male all'interno dell'appartamento e lo stress a cui sono stata sottoposta mi ha portato a un crollo emotivo, anche in vista degli esami, che ho superato grazie a farmaci e all'aiuto del mio ragazzo. Sono stata in terapia più volte ma non mi ha mai davvero aiutato, quindi stando fuori provincia non ho cominciato nessun percorso. Nel corso della sessione di esami del 2019-2020 non riuscivo a presentarmi in aula per la paura di stare male davanti a tutti e ho faticato anche a dormire per paura di svegliarmi nel cuore della notte per rimettere. Sono tornata stabilmente a Trento in febbraio e sono rimasta in casa per due settimane saltando quindi le lezioni. Mi vergogno di dire che la pandemia mi ha permesso di tornare a casa e di migliorare psicologicamente. Mi sono resa conto che la scelta di andare fuori era orientata a soddisfare un crescente senso di inadeguatezza verso me stessa, in parte, credo, causata dal carattere esigente di mio padre. Sono una persona molto determinata e a nessun costo avrei mollato, anche se questo significava sgretolarsi lentamente.
Ricordo tutti gli episodi di vomito della mia vita (per fortuna molto rari), soprattutto appartenenti a quando ero bambina: mi svegliavo nel cuore della notte per rimettere.
Nel 2015 ho bevuto troppo con i miei amici e, ancora oggi, ho dei flash che mi ricordano come io sia stata quando i miei amici, in quell'occasione, mi avevano voltato le spalle. A chiamare un'ambulanza è stata una ragazza a cui sarò sempre grata che vedendomi sola in una angolo a vomitare mi ha aiutato e soccorso.
Ho deciso di scrivere oggi non per caso. Il primo febbraio mi sono recata a Trento per dare l'ultimo esame, accompagnata in macchina dal mio ragazzo. I suoi avevano perso il virus intestinale dalla nonna e si erano sentiti male domenica notte. Il mio ragazzo stava bene, però la notte del 1- 2 febbraio si è alzato e ha rigettato. Ieri siamo tornati a casa e io non mangio da ieri a pranzo. Sono in uno stato di ansia tale da non capire se il mal di somaco è dovuto allo stomaco vuoto o al virus. Lui si è svegliato nella notte e ieri sera per paura di avere lo stesso sintomo mi sono addormentata per sfinitezza alle 3.
Scrivo per ricevere supporto. Sono magra di costituzione e, nei momenti di stress e di riacutizzazione della fobia tendo a non mangiare. Mia madre mi mette pressione dicendomi che se non mangio mi si chiude lo stomaco e altre cose che sicuramente non mi aiutano, ma mi fanno preoccupare. Concludo dicendo che non sono mai stata capita dai miei genitori: fino a pochi anni fa erano convinti soffrissi di anoressia; innumerevoli volte ho cercato di spiegare loro che la mia paura riguarda il vomitare non il voler dimagrire. Devo costantemente lottare contro persone che mi dicono che mangio poco perché voglio essere magra e questo mi fa stare molto male. Solo il mio ragazzo cerca e si sforza di comprendermi standomi vicino, ma siccome sta male non può stare con me. Sono in un vicolo cieco, non vedo nessuna via di uscita.