vale7190
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Ciao a tutti, sono V. Ho 27 anni e soffro di emetofobia da quando ne avevo 9. Vorrei provare a raccontarvi la mia storia, non sono mai uscita allo scoperto e penso di poter iniziare da qui...
Quando mi svegliavo di notte da piccolina non capivo cosa mi succedeva. Penso che tutto sia iniziato quella volta che ho fatto indigestione di caramelle e ho vomitato tutta notte. I miei genitori litigavano sempre, stavano divorziando e io mi svegliavo tutte le notti con una forte ansia senza capirne il motivo. Sapevo solo che se avevo la nausea stavo male, che se mamma aveva la nausea doveva starmi lontana cosi come chiunque altro... gli anni passano, e io continuo a non capire. Mi sento diversa dagli altri.
Mangiare al ristorante mi faceva venire la nausea e l'ansia. Uscire mi faceva venire l'ansia (se devo vomitare troverò un bagno? O sarò costretta a farlo davanti a tutti? Cosa succederà? Cosa penserà la gente di me? Questi i pensieri costanti...da quando mi sveglio la mattina e penso "oggi andrà bene o vomiterò?" A quando vado a dormire, il mio ultimo pensiero.) Mangiare non è più un piacere, ogni volta che il piatto è leggeremente più abbondante il mio stomaco si chiude. Ho passato giorni senza mangiare. Poi ricominciavo. Come spiegarlo? Agli amici, ai familiari. Era tutto cosi difficile.
Papà è un medico e da quando ero piccola il sogno della mia vita era diventare come lui. A 18 anni mi porta al corso per diventare volontaria in croce rossa. Mi piace, mi piace da morire e voglio diventare come lui sempre di più, come loro. Dopo aver passato i primi esami, scopro che una delle cose che più mi toccherà vedere li dentro è il vomito. Voglio essere molto esplicita in questa piccola lettera. In ambulanza se uno vomita tu gli tieni la traversa, poi la butti o la porti in pronto soccorso. Quando l'ho scoperto sono impazzita. Letteralmente. La prima volta che una signora ha detto "aiuto devo vomitare" mi sono messa in un angolo, io e il mio attacco di panico. Ho iniziato a sudare, tremare. Piangevo in silenzio. D'altronde su quell'ambulanza chi stava più male? Ero confusa. All'arrivo in pronto soccorso sono scappata. Il mio collega ha capito il mio disagio e mi ha sostituita. Passano i giorni. Penso che forse dovrei cambiare mestiere. Che sono una sconfitta, che la mia fobia può decidere per la mia vita. Tutto mi provoca disagio.
Decido di parlare con mia mamma. Lei soffre di depressione e crisi d'ansia, penso che mi capirà. Informa mio padre che invece non comprende, all'inizio. Mi portano da una psicologa, che si occupa di disturbi alimentari. Passo con lei un anno e mezzo. Mi aiuta tantissimo, le sarò grata per sempre. Mi aiuta a prendere coscienza di ciò. Col tempo inizio a stare sull'ambulanza senza piangere. La prima volta che ho tenuto la testa di una ragazzina che vomitava l'ho reputato un enorme successo. Ora gli altri non mi fanno più paura. La paura è il mio stomaco, che persiste. Tra due mesi mi laureo in medicina e chirurgia. Sono fiera di cosa ho fatto, sono per la prima volta nella mia vita orgogliosa di me. Il vomito degli altri non mi crea più quel disagio. Ma io non riesco a vincere ancora su di me. Sono un fiume in piena, vorrei scrivere per ore. Ma diventerebbe troppo lunga e probabilmente nessuno leggerebbe più. So solo che pensavo di essermi ripresa, in borsa ho ***** (mai preso perche preferisco controllarmi da sola, ma so che c'è ) e ******. A dicembre un virus gastrointestinale mi ha riportato tutto alla luce. E ora sto come prima. Anche mangiare a casa di amici è un incubo. Come faccio a giustificare tutte le volte che il mio stomaco si chiude? Gli unici che sanno sono il mio moroso e i familiari stretti. Mi vergogno.
Vi ringrazio, tanto. Soprattutto se leggerete e magari mi darete qualche consiglio. Un abbraccio
V.
Quando mi svegliavo di notte da piccolina non capivo cosa mi succedeva. Penso che tutto sia iniziato quella volta che ho fatto indigestione di caramelle e ho vomitato tutta notte. I miei genitori litigavano sempre, stavano divorziando e io mi svegliavo tutte le notti con una forte ansia senza capirne il motivo. Sapevo solo che se avevo la nausea stavo male, che se mamma aveva la nausea doveva starmi lontana cosi come chiunque altro... gli anni passano, e io continuo a non capire. Mi sento diversa dagli altri.
Mangiare al ristorante mi faceva venire la nausea e l'ansia. Uscire mi faceva venire l'ansia (se devo vomitare troverò un bagno? O sarò costretta a farlo davanti a tutti? Cosa succederà? Cosa penserà la gente di me? Questi i pensieri costanti...da quando mi sveglio la mattina e penso "oggi andrà bene o vomiterò?" A quando vado a dormire, il mio ultimo pensiero.) Mangiare non è più un piacere, ogni volta che il piatto è leggeremente più abbondante il mio stomaco si chiude. Ho passato giorni senza mangiare. Poi ricominciavo. Come spiegarlo? Agli amici, ai familiari. Era tutto cosi difficile.
Papà è un medico e da quando ero piccola il sogno della mia vita era diventare come lui. A 18 anni mi porta al corso per diventare volontaria in croce rossa. Mi piace, mi piace da morire e voglio diventare come lui sempre di più, come loro. Dopo aver passato i primi esami, scopro che una delle cose che più mi toccherà vedere li dentro è il vomito. Voglio essere molto esplicita in questa piccola lettera. In ambulanza se uno vomita tu gli tieni la traversa, poi la butti o la porti in pronto soccorso. Quando l'ho scoperto sono impazzita. Letteralmente. La prima volta che una signora ha detto "aiuto devo vomitare" mi sono messa in un angolo, io e il mio attacco di panico. Ho iniziato a sudare, tremare. Piangevo in silenzio. D'altronde su quell'ambulanza chi stava più male? Ero confusa. All'arrivo in pronto soccorso sono scappata. Il mio collega ha capito il mio disagio e mi ha sostituita. Passano i giorni. Penso che forse dovrei cambiare mestiere. Che sono una sconfitta, che la mia fobia può decidere per la mia vita. Tutto mi provoca disagio.
Decido di parlare con mia mamma. Lei soffre di depressione e crisi d'ansia, penso che mi capirà. Informa mio padre che invece non comprende, all'inizio. Mi portano da una psicologa, che si occupa di disturbi alimentari. Passo con lei un anno e mezzo. Mi aiuta tantissimo, le sarò grata per sempre. Mi aiuta a prendere coscienza di ciò. Col tempo inizio a stare sull'ambulanza senza piangere. La prima volta che ho tenuto la testa di una ragazzina che vomitava l'ho reputato un enorme successo. Ora gli altri non mi fanno più paura. La paura è il mio stomaco, che persiste. Tra due mesi mi laureo in medicina e chirurgia. Sono fiera di cosa ho fatto, sono per la prima volta nella mia vita orgogliosa di me. Il vomito degli altri non mi crea più quel disagio. Ma io non riesco a vincere ancora su di me. Sono un fiume in piena, vorrei scrivere per ore. Ma diventerebbe troppo lunga e probabilmente nessuno leggerebbe più. So solo che pensavo di essermi ripresa, in borsa ho ***** (mai preso perche preferisco controllarmi da sola, ma so che c'è ) e ******. A dicembre un virus gastrointestinale mi ha riportato tutto alla luce. E ora sto come prima. Anche mangiare a casa di amici è un incubo. Come faccio a giustificare tutte le volte che il mio stomaco si chiude? Gli unici che sanno sono il mio moroso e i familiari stretti. Mi vergogno.
Vi ringrazio, tanto. Soprattutto se leggerete e magari mi darete qualche consiglio. Un abbraccio
V.