• Questa community è solo un punto d'incontro per persone che soffrono di emetofobia e non può essere considerata come terapia per superarla, per questo consigliamo sempre di consultare uno specialista. Buona navigazione a tutti. ;)

Matrioska

trevor90

Junior
Buongiorno a tutti!
Frequentavo questo forum assiduamente fino a 6 o 7 anni fa, qui trovai un importante spunto per un approccio terapeutico che continuo tutt'ora; mi piacerebbe, da buon veterano dell'emetofobia, raccontarvi alcune cose degli ultimi anni.

Premessa: non ne sono (ancora) uscito completamente. Non vedo più l'emetofobia come una malattia, ma come un sintomo di altri malesseri: paura, rabbia, orgoglio e tante altre emozioni che, più o meno inconsciamente, mi rendo conto di aver sempre represso. Da qualche parte dovranno pur uscire queste emozioni, siamo esseri umani, no??
Dopo un'infanzia bruttissima e un'adolescenza inesistente, a 19 anni passai dal "semplice" psicologo allo psichiatra. I farmaci attenuavano effettivamente le ansie e mi sentivo meglio; ogni tanto, tuttavia, tornavano gli attacchi di panico e le varie paranoie, evitamenti e tutti quegli altri ostacoli che credo conosciate bene. Continuavo a pensare: "il mio problema è la paura di vomitare, quante cose che farei se non ce l'avessi! È solo quello il problema, è solo quello che mi mette i bastoni tra le ruote!". Anche voi la pensate così?

Si sono susseguiti periodi di alti e bassi, due ricoveri in psichiatria per altrettanti tentativi anticonservativi. I farmaci toglievano sì l'ansia, ma non proprio tutta; inoltre mi avevano reso una persona estremamente svogliata, pigra, passiva e arrendevole. Come avrei potuto costruirmi una vita "normale" se arrivavo a dormire 14 ore al giorno?? Dopo aver letto dell'esperienza di un'utente, ho abbandonato il "classico" (e per me infruttifero) approccio cognitivo-comportamentale, per tentare la breve strategica. Ha funzionato: nel giro di alcuni mesi i "sintomi" si sono gradualmente ridotti, fino ad arrivare, dopo alcuni anni, a scomparire del tutto.
La "liberazione" da questo peso mi ha dato il coraggio di interrompere, dopo ben 13 anni, la terapia farmacologica. La mia psichiatra sosteneva che fosse una pessima idea, che in pochi mesi sarei tornato a stare peggio di prima; che non era per i farmaci che dormivo tanto ma "perchè sono pigro", che non era per i farmaci che avevo una pancia da 70enne ma "perchè mi muovo poco". Ho sentito anche un secondo parere e mi sono sentito ripetere le stesse cose, oltre che "quando qualcosa funziona, in genere è meglio non toccare nulla". Ma io non posso accontentarmi che qualcosa "funzioni" e basta, io voglio che funzioni BENE! Ho sospeso poco alla volta la terapia, continuando a vedere psicologa e psichiatra; quest'ultima ovviamente non poteva aiutarmi "concretamente", in quanto io andavo contro le sue indicazioni, ma rimanevo monitorato, diciamo.
Non è stata una passeggiata (in particolare le prime settimane dalla sospensione completa) ma ce l'ho fatta: avevo smaltito la pancia, dormivo 7-8 ore al giorno come una persona "normale" e, cosa più importante, riacquistavo delle abilità emotive e cognitive che prima erano letteralmente addormentate. L'ansia era di più, sì, ma era anche di più il piacere nelle cose belle, la voglia di cambiare, l'entusiasmo e l'energia.

Con la paura di vomitare silente e le facoltà mentali a pieno regime, ho potuto accorgermi che l'emetofobia era la semplice punta dell'iceberg. Ho realizzato che tante cose erano al posto sbagliato, che stavo zitto quando avrei voluto parlare, che dicevo "sì" quando avrei voluto dire "assolutamente no!"; e, soprattutto, che tanti comportamenti acquisiti (e mantenuti) in famiglia erano davvero disfunzionali. Che tutte le mie paranoie e paure non sono "malattie" dovute a sfortuna o, peggio ancora, debolezza e codardia: sono la naturale conseguenza dell'ambiente poco salubre in cui sono cresciuto, e ne vedo quotidianamente le conferme.
Insomma: non è colpa mia se sto male, non devo sempre sforzarmi di recare il minimo disturbo possibile, non devo guadagnarmi l'approvazione altrui facendo da zerbino senza lamentarmi, non è colpa mia se una cosa fa arrabbiare me ma non un'altra persona, e viceversa; una montagna di comportamenti "malati" che vengono dalla famiglia, purtroppo... La stessa famiglia che mi diceva di fare tanto per me ma che io continuavo a stare male, quasi facessi loro un torto soffrendo.

Recentemente ho avuto un paio di attacchi di panico (l'ultimo risaliva a ottobre 2022); è un periodo molto difficile per tanti motivi e sicuramente sono più "esposto", certo. Ma ho notato chiaramente che gli attacchi si presentano nei giorni che seguono la "repressione" di una forte emozione, solitamente un torto subìto a cui, nella mia ottica da zerbino, non dò alcun peso e ingoio senza fare storie. Ma, per quanto io mi possa sforzare di essere "bravo" e di piacere agli altri, da qualche parte devono passare queste emozioni! Non mi arrabbiavo, non mi lamentavo, non pretendevo e non chiedevo: non esistevo, in pratica, o cercavo di esistere il meno possibile, ma è difficile passare inosservati durante una crisi di panico, vero?
Trovo che sia un'importante collegamento con la paura di vomitare. Il vomito non piace a nessuno e non si può trattenere, può causare intralcio, fastidio e bisogno di cure: anche voi avete la sensazione, negli attacchi di panico, di NON DOVERE ASSOLUTAMENTE vomitare?

Come dice la mia psicologa, è una specie di scatola cinese: ogni volta che ne apriamo una, dentro ne troviamo un'altra. Ma attenzione: prima o poi finiranno eh!

Perdonate la lungaggine ma andava tutto contestualizzato; sarei molto contento se con questo post riuscissi a dare a qualcun altro uno spunto per vedere le cose in maniera più trasversale, non limitata alla "paura" ma al "e se non avessi paura... Che cosa farei, dopo?"

Un saluto :)
 
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