Ciao, mi chiamo Beatrice e ho 20 anni. Già da piccola ricordo di essere terrorizzata dalla possibilità di vomitare. Nonostante ciò, ho sempre vissuto la mia vita in parziale tranquillità. Nel periodo delle superiori sono quasi arrivata a scordarmi del mio problema: avevo un sacco di amici, adoravo stare fuori casa tutto il giorno, visitare posti nuovi, assaggiare di tutto. Forse perché non vomitavo da anni e anni, non ricordavo nemmeno più come avvenisse.
L’anno scorso inizio l’università, e sappiamo tutti quanto possa essere difficile gestire le lezioni, i pullman, i treni, le centinaia di persone con le quali vieni a contatto. Sta di fatto che mi ammalo, penso di aver contratto un virus. È stato orribile, la notte peggiore della mia vita intera. Una qualsiasi altra persona senza questa paura avrebbe affrontato tutto con ‘tranquillità’. Io invece ricordo pianti disperati, dei grandi ‘ma perché proprio a me?’, non riuscivo a smettere di tremare, non riuscivo ad alzarmi dal letto, mia mamma ha dovuto stare tutta la notte al mio fianco (povera donna, non mi sopporta più). Da quel 24 novembre 2016 Beatrice è cambiata. Continuo a mangiare di tutto, ad andare in università ottenendo dei buoni risultati, ad uscire con i miei amici, ho un fidanzato che è riuscito a comprendere la mia problematica e mi ama tanto lo stesso, sono riuscita perfino ad andare a New York quest’inverno, nonostante abbia pianto incessantemente per il viaggio di andata e ritorno, e abbia perso 3 chili per il fuso orario. Ma dopo tutto ce l’ho fatta, no? Ho lottato contro me stessa, mi sono detta ‘perdi un’opportunità del genere per questa paura?’, ho preso coraggio e ho affrontato il viaggio, uscendone vincitrice.
Eppure, nonostante riesca a nascondere bene tutto ciò che ho dentro, ultimamente la situazione mi sta sfuggendo di mano. È proprio quando mi ritrovo sola che mi rendo conto che non posso andare avanti in questo modo. Aspetto di rivivere quella notte da un momento all’altro, mi sveglio e vado a dormire con lo stesso pensiero. Non riesco più a dormire, mi sveglio nel cuore della notte e penso ‘ok, ci siamo di nuovo’, mi riempio di medicinali che chissà quanto male mi fanno.
I miei genitori odiano vedermi in questo stato, e continuano a consigliarmi di parlarne con qualcuno che possa davvero aiutarmi. Ma io non voglio cedere, sono ancora convinta di potercela fare da sola. Oscillo tra momenti in cui mi sento fortissima, in grado di superare tutto e momenti in cui mi rendo conto che dietro tutte le mie azioni ci sta sempre e solo un pensiero che mi tormenta. Può una ragazza di vent’anni non godersi a pieno la parte migliore della sua vita per questa paura?
L’anno scorso inizio l’università, e sappiamo tutti quanto possa essere difficile gestire le lezioni, i pullman, i treni, le centinaia di persone con le quali vieni a contatto. Sta di fatto che mi ammalo, penso di aver contratto un virus. È stato orribile, la notte peggiore della mia vita intera. Una qualsiasi altra persona senza questa paura avrebbe affrontato tutto con ‘tranquillità’. Io invece ricordo pianti disperati, dei grandi ‘ma perché proprio a me?’, non riuscivo a smettere di tremare, non riuscivo ad alzarmi dal letto, mia mamma ha dovuto stare tutta la notte al mio fianco (povera donna, non mi sopporta più). Da quel 24 novembre 2016 Beatrice è cambiata. Continuo a mangiare di tutto, ad andare in università ottenendo dei buoni risultati, ad uscire con i miei amici, ho un fidanzato che è riuscito a comprendere la mia problematica e mi ama tanto lo stesso, sono riuscita perfino ad andare a New York quest’inverno, nonostante abbia pianto incessantemente per il viaggio di andata e ritorno, e abbia perso 3 chili per il fuso orario. Ma dopo tutto ce l’ho fatta, no? Ho lottato contro me stessa, mi sono detta ‘perdi un’opportunità del genere per questa paura?’, ho preso coraggio e ho affrontato il viaggio, uscendone vincitrice.
Eppure, nonostante riesca a nascondere bene tutto ciò che ho dentro, ultimamente la situazione mi sta sfuggendo di mano. È proprio quando mi ritrovo sola che mi rendo conto che non posso andare avanti in questo modo. Aspetto di rivivere quella notte da un momento all’altro, mi sveglio e vado a dormire con lo stesso pensiero. Non riesco più a dormire, mi sveglio nel cuore della notte e penso ‘ok, ci siamo di nuovo’, mi riempio di medicinali che chissà quanto male mi fanno.
I miei genitori odiano vedermi in questo stato, e continuano a consigliarmi di parlarne con qualcuno che possa davvero aiutarmi. Ma io non voglio cedere, sono ancora convinta di potercela fare da sola. Oscillo tra momenti in cui mi sento fortissima, in grado di superare tutto e momenti in cui mi rendo conto che dietro tutte le mie azioni ci sta sempre e solo un pensiero che mi tormenta. Può una ragazza di vent’anni non godersi a pieno la parte migliore della sua vita per questa paura?